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“Cosa sognano i pesci rossi” è un romanzo del 2006, di Marco Venturino, direttore di divisione di anestesia e terapia intensiva all'Istituto Europeo di Oncologia di Milano, prestato per questa volta all'arte difficile dello scrittore, che poi si replicherà in altri due romanzi, tra cui “Si è fatto tutto il possibile”.
Se dovessimo dunque giudicare l'opera da un punto di vista prettamente letterario, potremmo dire che abbia un valore piuttosto scarso, la scrittura a volte è ridondante, prolissa dove non dovrebbe esserlo, i tempi di molti paragrafi sono lunghi all'inverosimile senza lasciare pause, le digressioni a volte annoiano un poco; ma i libri non si giudicano solo dall'aspetto della forma, della scrittura in sé, a volte, è quello che si ha da dire che è più importante del dire stesso, e qui il dottor Venturino non sbaglia.
La vicenda che si narra è questa: all'amministratore delegato di una importante azienda, uomo di successo a cui la vita ha dato tutto, viene diagnosticato un tumore in metastasi avanzata. Inoperabile per i più, troverà un chirurgo arrivista e famoso che tenterà dove nessuno si azzarderebbe a mettere bisturi. L'operazione va storta e l'operato si ritroverà in terapia intensiva. Tra quest'uomo ormai menomato, incapace di comunicare, in attesa della morte, e il medico di terapia intensiva che deve prendersi cura di lui, comincia un rapporto tormentato e umanissimo che l'autore descrive nei dettagli più personali.
I due protagonisti vivono le vicende del microcosmo ospedaliero, un mondo che brulica di una vita di cui essi sono solo spettatori e mai attori poiché non appartiene fino in fondo a nessuno dei due. Luca il dottore, l'uomo verde, stanco e disincantato, che beve la notte, pur disprezzando il suo lavoro e la maggior parte dei suoi colleghi, non ha il coraggio di opporsi e di migliorare la sua vita; Pierluigi il ricoverato, il pesce rosso, immobile e ormai incapace di parlare, vede la sua dimensione umana sgretolarsi inesorabilmente giorno dopo giorno e non può far altro che osservare qualche raggio di vita che filtra tra le pareti della terapia intensiva attraverso le persone che vi lavorano, proprio come un pesce rosso vede il mondo esterno unicamente attraverso il filtro della sua boccia di vetro.
L'obiettivo principale dell'autore che ha suddiviso il romanzo in capitoli, uno raccontato in prima persona dal malato, l'altro dal medico è quello di far prendere coscienza ai lettori, di volere aprire le porte a questa realtà poco conosciuta, il carico di sofferenze, di dubbi, di paure e di domande che si riversa nella mente di coloro che stanno male e di coloro che sono chiamati a prestare le proprie cure, di come il destino possa toglierci in un attimo tutto ciò che possediamo.
Il romanzo costituisce sicuramente un'occasione di crescita interiore per chiunque vi si accosti, una lettura che non si può dire piacevole, per il carico di dolore che porta, ma che per certi versi va fatta, per prendere coscienza di un mondo sconosciuto ai più, ma reale e di tutti i giorni; utile per cercare di capire anche gli animi di chi lavora negli ospedali.