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Prima di leggere questo libro pensavo che quello che provo io per la mia squadra (la Roma), quello che sento ogni volta che vado allo Stadio, il felice momento in cui la palla entra in rete e tu esulti come se tutto dipendesse da quell'attimo, peggio ancora il momento in cui sei fuori da una finale di Coppa, o dai addio ad ogni velleità di prima classifica, si, pensavo che non si potesse scrivere in un libro, che nessuno ci sarebbe mai riuscito.
Poi ho letto Febbre a 90°, non ho trovato nulla di nuovo in quello che dice l'attore, sono tutte sensazioni che ho provato e che provo oggi e proverò per sempre. Ed è proprio questo il bello, ho trovato qualcosa che mi giustifica; giustifica il fatto che sono più triste quando la mia squadra perde il Derby piuttosto che quando muore una zia lontana; giustifica perché sarei disposto a far di tutto pur di poter veder vincere la Coppa dei Campioni alla mia squadra piuttosto che trovare lavoro; giustifica persino perchè una vittoria al 93esimo in rimonta è meglio del sesso. Insomma, giustifica cose che delle persone calcisticamente normali catalogherebbero come frutti di una mente folle.
Invece no, “Febbre a 90°” è la Bibbia del malato calcistico, un must per chi ama il calcio, è un libro da esibire come si esibisce la patente fermati a un posto di blocco. Quando vi chiederanno: “Ma perchè fai tutte queste cose per il calcio? Io non ti capisco” allora potrete dir loro di leggere Hornby.