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“Il libro del sangue” di Matteo Trevisani mischia con grande efficacia fiction e auto-fiction. La biografia di autore e personaggio, si confondono in un gioco di specchi, così il libro racconta di Matteo, scrittore appena diventato padre, ossessionato dagli alberi genealogici e dalla convinzione che la propria famiglia è perseguitata da una specie di maledizione, che fa morire tutti i primogeniti affogati.
Per sfuggire alla maledizione decide di fare un enorme “viaggio nel passato”, affidandosi alla genealogia, disciplina che si occupa dell'origine e della discendenza di famiglie e di stirpi, e facendosi aiutare in questa ricerca da Alvise e Giorgia, padre e figlia, altrettanto ossessionati dalla materia.
Il romanzo ruota intorno all'occulto, è pieno di segreti spesso connessi fra di loro e presenti nel passato. Il modo in cui è scritto (con continui salti temporali) potrebbe disorientare molti ma a me ha dato uno strano effetto di assuefazione, tanto che le 200 pagine sono veramente volate.
Come spesso accade a queste storie, però, non è tanto la trama il senso di tutto, ma il senso che diamo alla storia e alle vicende. Secondo me Trevisani ha scritto un libro molto bello da leggere per un genitore, un padre in particolare. “Il libro del sangue” infatti parla della responsabilità del genitore nei confronti del figlio, delle colpe che si porta addosso pensando di “passare” al proprio figlio i propri difetti, i propri tormenti, le proprie maledizioni, appunto.
Una lettura particolare, forse un po' pomposa, ma di certo originale.