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Cosa succederebbe se improvvisamente nel mondo di oggi sbucasse uno dei dittatori più crudeli della storia dell'umanità? Che impatto avrebbe sulla vita del suo paese? Quale sarebbe il suo ruolo? Fino a quanto verrebbe preso sul serio?
Vermes scrive “Lui è tornato” facendosi continuamente queste domande, e mescola la commedia degli equivoci alla riflessione politica e sociologica. Ne esce fuori un libro che è spassoso ma che ti mette di fronte ad una riflessione continua. Quanto quello che ha fatto il nazismo è responsabilità di un “uomo solo al comando” e quanto, invece, è anche di peso dalla società tedesca (oserei dire europea) dell'epoca? La risposta è implicita... l'autore ne approfitta per rimproverare la Germania dei giorni di oggi (in realtà parliamo del 2013) e il suo modo di affrontare la storia.
Nelle scuole si racconta e si condanna tutto quello successo nella seconda guerra mondiale ma si tende a banalizzare la figura di Hitler, definendolo un pazzo che ha commesso le peggiori azioni all'oscuro di tutti, animato da una forza che nessuno poteva contrastare. Un'interpretazione utile a lavarsi la coscienza, ma non la migliore per istruire le nuove generazioni.
“Lui è tornato” non è di facile lettura, a fine capitolo bisogna andare a leggere le note dell'autore che danno spiegazioni dettagliate su alcuni passi della storia e dell'attualità. È veramente un libro comico ma non si rischia mai di banalizzare la figura di Hitler, non si relativizzano mai i suoi crimini, dietro ogni battuta del Fuhrer (anche a sfondo razziale) c'è sempre un personaggio attuale che non lo prende mai sul serio, alla fine tocca al lettore riflettere non tanto sulla veridicità di un ritorno di un regime totalitario come quello nazista, piuttosto su quello che potrebbe essere il futuro dei tanti partiti estremisti e di conseguenza del futuro della democrazia