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Ho sentito parlare di questo libro su di un podcast e mi ha incuriosito subito. Vedo spesso questi food pusher che mi sorpassano con le loro biciclette portando il cibo in ogni angolo della città dove vivo che è Milano; ce ne sono tantissimi, vestono casacche differenti ma compiono il medesimo lavoro e forse li accomuna la stessa vita per lo più.
Io non ne faccio uso ma il fenomeno è in crescita esponenziale, si moltiplicano i ristoranti che ne aderiscono insieme alle catene di fast-food, sembra che più risultiamo connessi alla rete, ci apriamo al mondo e agli altri ampliando la nostra conoscenza e vita digitale, più ci chiudiamo in casa e preferiamo farci portare il cibo sulla porta invece di uscire quando non abbiamo voglia di cucinarcelo. E' uno strano fenomeno, ma che sia così è indubbio, visto il numero di questi corrieri di cibo che circolano sulle nostre strade all'ora di pranzo o cena.
Dal libro mi aspettavo qualcosa di meglio sinceramente, il mio essere curioso avrebbe preferito più racconti dalla strada, più spaccato di umanità che può portare il fatto di affacciarsi sulla soglia di così tante vite diverse anche se per poco. Per lo più invece ho trovato la storia, ma soprattutto i pensieri spesso infarciti di nozioni culturali un po' forzati e messi come sottintendere “io faccio questo di lavoro, ma sono altro” e per lo più pruriginosi dell'autore che sebbene siano leggibili alla fine mi hanno stancato.