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Nove racconti macabri al punto giusto. Veri e propri cortometraggi surreali in cui agiscono personaggi inverosimili, alle prese con avventure assurde ambientate in un mondo parallelo. Nel più lungo di questi, che dà il titolo a questa corrosiva raccolta, il giovane Haim trova lavoro nella pizzeria Kamikaze, due giorni dopo essersi suicidato. Con lui un tedesco, il quale sostiene che il posto gli ricorda Francoforte, con un pub niente male frequentato da numerose ragazze sole. Certo, alcune hanno lunghe cicatrici ai polsi, ma non è detto che non ci stiano... Siamo nell’aldilà dei suicidi, una sorta di limbo contiguo al mondo reale, con le stesse consuetudini e le medesime seccature: talk show scontatissimi in tv, giovani che paiono interessati solo a rimorchiare ragazze, scolarsi una marea di birre e fumare un sacco di canne. Alla fine a Haim accade anche involontariamente di sventare una rapina in un supermercato, finendo così in un posto affollato di arabi, tutti suicidi per evidenti ragioni, ma con i quali si possono benissimo scambiare riflessioni politiche e religiose: “A questo punto cosa c’è da temere? Siamo già tutti morti...”. Da questa raccolta è stata tratta la black comedy “indie” Wristcutters: A Love Story di Goran Dukic ́ (2007), film cult premiato al Sundance Festival.
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Pizzeria Kamikaze è una raccolta di racconti dello scrittore, attore e regista israeliano Etgar Keret. Autore di racconti brevi e sceneggiature per romanzi grafici, film e tv, insegna alla Università Ben Gurion del Negev a Beer Sheva e alla Università di Tel Aviv.
L'opera è composta da una serie di racconti, per la precisione nove, alcuni più lunghi e altri più brevi. La trama di quello più lungo che da anche il titolo al libro è quella che mi aveva subito catturato: il giovane Haim trova lavoro nella pizzeria Kamikaze, due giorni dopo essersi suicidato. Con lui un coinquilino tedesco il quale sostiene che il luogo gli pare “Francoforte sputata”, con un pub niente male frequentato da parecchie ragazze sole. Certo alcune hanno cicatrici sui polsi, o la pelle molliccia degli annegati, però non è detto che non ci stiano. Ma è un luogo dove farsi nuovi amici è facile. Siamo nell'aldilà dei suicidi, un limbo contiguo al mondo reale, con le stesse consuetudini e le stesse seccature, i diversivi e gli svaghi che si possono trovare ovunque.
La prima cosa che ho pensato è stata: geniale. Finalmente quel qualcosa di nuovo, grottesco, umoristico, intelligente e surreale adatto per uscire dalle solite letture; in effetti parte molto bene, sembra che in ogni momento posso accadere qualcosa di sorprendente e surreale... la genialità appare tutta. Poi però la strada si perde, si arrovella su se stessa, diventa inestricabile, la genialità sfuma, l'umorismo stanca, le situazioni si ripetono, il tutto sa troppo di “non-sense” esasperato. Quello che parte bene, non sempre finisce bene, o proprio non finisce affatto. E soprattutto più alte sono le aspettative indotte dalla lettura delle prime pagine, più sono le disillusioni cocenti se queste non si mantengono.
Penso sempre che alla fine per valutare se un libro ci sia piaciuto o meno serva sempre partire dalla domanda: “quanta voglia si ha di rimettere il naso in mezzo alle pagine ogni qual volta si interrompe la lettura dello stesso”. E se penso a questo libro, la mia risposta è: nessuna. Ho fatto davvero fatica ad arrivare alla fine, sebbene la brevità del testo.