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Questo libro è una selezione della raccolta di racconti di Anton Čechov che è stato uno scrittore, drammaturgo e medico russo, vissuto nell'ottocento russo, tempo in cui in Russia imperversava la reazione, e la vita intellettuale e letteraria attraversava una fase di ristagno. Il nome di Cechov non è mai stato legato a nessuna scuola o movimento. Fu uno scrittore ferocemente introverso.
Nei racconti dell'autore il tema che ricorre è quasi sempre l'aspirazione dell'uomo umile o modesto come impiegati, medici, contadini, poveri, attori, vedove, studenti o malati ad un'esistenza migliore, sia essa intesa come elevazione da una condizione miserabile e abbrutente, sia come fuga da una quotidianità meschina e opprimente. Il tutto immerso nella quotidianità, con i suoi gesti e le azioni, le parole di ogni giorno.
Spesso la sua narrativa e il suo teatro sono anche un accorato atto di accusa contro la società del suo tempo, che con uno stile semplice e sobrio, è modellato sul tragico quotidiano, cioè sulle tante pene dell'esistenza umana.
I racconti più incisivi di questa raccolta sono sicuramente “La corsia n.6” e “Il monaco nero”, che hanno protagonisti persone malate mentalmente, in particolare “La corsia n.6” ha anche un'ambientazione claustrofobica, che ho trovato geniali ed inquietanti. Gli altri mi sono piaciuti meno e complessivamente direi che Cechov non rientra tra i miei autori russi preferiti, malgrado la scrittura molto fluente ed attuale anche per i nostri tempi.