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Avevo rimandato la lettura di questo libro per parecchio tempo, non sapendo bene cosa aspettarmi vista la tripla interpretazione che gli si poteva dare: saggistica criminale, reportage e noir; non leggo più thriller da molto tempo, perchè infine mi sembravano comunque e sempre la fotocopia più o meno vivida del precedente. La saggistica criminale non era un genere che avevo mai approcciato e diciamo che ad incuriosirmi era appunto questa connotazione di un romanzo di saggistica (dunque basato su fatti reali), ma scritto come un noir.
Non so bene che giudizio dare alla fine: in alcune parti mi ha preso, mi ha interessato, in altre ho fatto un po' di fatica ad andare avanti; la storia è interessante e come quasi sempre accade la realtà sa essere molto più drammatica della finzione, forse quello che rimane distante per il lettore di questi anni è la distanza temporale dei fatti accaduti praticamente settanta anni fa, un mondo davvero troppo distante da noi, soprattutto per un reportage di un delitto, molto semplicemente i due assassini oggi non sarebbero arrivati neanche a pagina venti.
Quello che ho trovato interessante invece è sempre la domanda di fondo e le riflessioni sulla pena di morte, su quanto vale la vita umana per ognuno di noi, sulla nostra moralità nel giudicare il prossimo e infine se qualcuno può veramente toccare Caino. Credo che ognuno di noi ha affrontato mentalmente e moralmente la questione e si è dato le proprie risposte arrivando alle sue conclusioni: personalmente credo che la pena di morte sia un atto disumano quanto il commettere un omicidio, alla fine non vedo differenze se sia un uomo o una donna o lo stato ad ammazzare qualcuno. Ma riflettere su questi argomenti fa sempre bene e credo che questo sia il miglior pregio derivante dalla lettura di questo libro.