Il termine joyciano “immarginable” abbraccia i concetti di margine, il-limitatezza, immaginazione e figurazione. Lo studio proposto in questo libro è quello della simultaneità di due concezioni di spazio – fisicamente limitato ma percettivamente espandibile e modificabile all’infinito – all’interno di un unico momento percettivo. Il viaggio all’interno delle opere narrative di Joyce, Beckett e Genet, è condotto dall’autore attraverso una capillare analisi delle ricreazioni linguistiche dei momenti di percezione spaziale dei personaggi, la cui immagine mentale dello spazio risulta essere frutto di un insieme di forze talvolta contrastanti, in cui convergono coscienza, cultura e le stesse caratteristiche fisiche dei luoghi in questione. L’analisi si giova degli assunti più significativi della filosofia classica (Aristotele, Cartesio, Bruno, Berkeley) e di quella moderna, in cui un ruolo di spicco assumono le teorie fenomenologiche di Bachelard e Merleau-Ponty, in grado di suggerire come lo spazio, la percezione e la rêverie, siano fenomeni essenzialmente inesauribili e difficili da circoscrivere in una comprensione – o “rappresentazione” - esaustiva. Il percorso esegetico qui condotto, è costantemente rivolto ai temi trattati (spazio, luogo, percezione e ricreazione coscienziale e artistica), come pure alle tecniche utilizzate dagli autori, quali una particolare ricerca sintattica e fonosimbolica, e una continua ibridazione dei generi letterari ed artistici (dramma, arti visive e cinema).
Reviews with the most likes.
There are no reviews for this book. Add yours and it'll show up right here!