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“Un mattino, al risveglio da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò trasformato in un enorme insetto”.
Gregor Samsa si scopre prigioniero di un corpo che non gli appartiene, controllato da istinti ignoti che non riesce a comprendere e controllare pienamente. Il suo aspetto terrorizza e disgusta i suoi familiari e conoscenti che lo relegano alla totale solitudine. Lui però ha ancora una coscienza umana, un animo romantico e candido, ama ancora ascoltare la sorella Grete che suona il violino; “Come poteva essere proprio una bestia se la musica lo afferrava a tal punto?” . Capisce ciò che accade attorno a lui, comprende le problematiche che la sua condizione genera e vorrebbe scusarsi, vorrebbe parlare... ma non può, è solo.
Sebbene la trama risulti estremamente semplice le interpretazioni e le riflessioni che scatena sono così numerose e variegate da generare un racconto ambiguo e criptico. Nondimeno è semplice ritrovare nella trasformazione da uomo a scarafaggio una potente metafora della costrizione dell'essere umano alle regole di una società indifferente. Il protagonista tutte le mattine si alza alla stessa ora, per prendere lo stesso treno che lo porterà allo stesso luogo in cui per ore dovrà ripetere le stesse azioni. L'automatismo di questo stile di vita autoimposto privano la persona della sua identità fino a renderla un elemento completamente estraneo a se stessa. Perfino nel nucleo familiare in cui regnavano affetto e rispetto reciproco, Gregor Samsa è incapace di trovare reale compassione o comprensione. L'elemento di realismo magico serve ad amplificare il senso di alienazione ed incomunicabilità che contraddistinguono l'essere umano moderno. Inoltre il protagonista si preoccupa unicamente delle conseguenze pratiche, non si sofferma mai a riflettere sulle possibili cause accettando semplicemente la metamorfosi come una qualunque complicazione. La sconcertante passività del protagonista nei confronti della sua spaventosa condizione è un'evidente prova della sua rassegnazione di fronte ad un destino insondabile, di cui l'essere umano è continuamente vittima.
Kafka non usa mai tono accusatorio, con il suo stile, distaccato e asettico, riesce alla perfezione a trasmettere uno straziante senso di angoscia e di oppressione.