Questo fu l'ultimo romanzo di Hans Fallada che uscì postumo nel 1947, si intitolava “Jeder stirbt für sich allein“ tradotto in italiano come “Ognuno muore solo”. Il libro, tradotto in italiano nel 1948 da Einaudi, è stato recentemente pubblicato in Inghilterra e ha venduto più di 100.000 copie solo negli ultimi tre mesi, inserendosi tra i 50 bestseller inglesi di sempre.
L'autore morì per un overdose di morfina poco prima che il libro fosse pubblicato. Figlio di un giudice che lo voleva avviato alla sua stessa carriera, la sua vita fu segnata da droghe, alcolismo e da una malattia mentale per cui fu più volte ricoverato in diverse cliniche psichiatriche.
Primo Levi disse che questo era “uno dei più bei libri sulla resistenza tedesca contro il nazismo”; racconta la storia di Otto e Anna Quangel, che dopo aver perso il figlio in guerra decidono di iniziare una campagna contro Hitler distribuendo cartoline anti-naziste per le strade di Berlino. Ne depositeranno 285 in due anni, ma solo 18 non saranno consegnate alla polizia e la loro silenziosa opposizione diciamo che non finirà nei migliori dei modi. Il libro si ispira alla storia vera dei coniugi Otto ed Elise Hampel, che furono catturati, processati e decapitati dal regime nazista nel 1943.
Una prima domanda e fondamentale domanda che ci dovremmo porre è: “cosa avremmo fatto noi al loro posto?”; difficile rispondere, vivere sotto una dittatura, così estrema e terribile come fu quella nazista deve essere stato durissimo, anche senza opporsi ad essa. Ma da qui possiamo partire per capire a fondo questo romanzo. La ribellione di queste persone, così mirabilmente descritta da Fallada, ci offre uno spaccato di quello che poteva essere la società tedesca di quel tempo, permeata da un ideologia da “dentro o fuori”. O eri un nazionalsocialista (dunque più che un connazionale tedesco) o eri una persona da sospettare, da correggere, da redimere.
Poi intorno alle figure dei coniugi Quangel, i protagonisti, si muovono una serie di altri personaggi, perlopiù in difficoltà. Ruffiani, prostitute, ubriaconi, scommettitori, spie, moltissime tra la gente comune. Quasi tutti muiono, innocenti o meno. La limpidezza con cui Fallada descrive la crudeltà delle SS, della Gestapo, delle guardie carcerarie, fa rabbrividire. Eppure tutto è descritto così, semplicemente, perchè questa era la normalità.
“Ognuno muore solo” è prima di tutto un romanzo di denuncia, molto cupo e con davvero poca speranza, la paura della morte, il diffidare di tutte le persone che ci sono intorno, la disperazione della vita, sotto il giogo nazista. Alla fine però è un romanzo che si legge bene, scorre velocemente dopo i primi capitoli un po' lenti, complice una scrittura un po' datata a cui dobbiamo abituarci.
Da leggere assolutamente per capire cos'è una dittatura e la resistenza ad essa; fatta da piccole persone, con gesti non eclatanti, forse con nessun risultato se non rimanere onesti con se stessi.