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In una Cefalù sospesa tra la antico e moderno, Stefano vive in una perenne atarassia, disinteressato alla vita, in attesa del ritorno, come ogni anno di un amore inespresso, un’amica che torna in Sicilia ogni estate. Lei è la sirena che lo ha irretito, con il suo canto, lasciandolo privo di volontà, ma di sirene, a Cefalù, è meglio non parlare. Un anziano pescatore, una donna che vive alla finestra in attesa del marito disperso in mare anni prima, un gatto apparentemente senza padroni sono tra le vittime delle sirene, o dell’idea delle sirene: hanno perso qualcosa, qualcuno, che è partito per non fare più ritorno, lasciando un vuoto impossibile da spiegare a parole nelle loro esistenze. Sarà proprio Stefano, incompiuto e goffo, a diventare il fulcro delle loro storie e a impararle, scoprendone i segreti, per consentire alla vita, rimarginato il dolore, di ricominciare. Un libro intenso, maturo, compiutissimo e profondo, segno della maturità artistica di un Giulio Macaione in stato di grazia.
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