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Fontamara è il primo romanzo di Ignazio Silone, scrittore abruzzese e che in Abruzzo ha ambientato le sue opere più significative. Il romanzo è il più noto di quelli scritti da questo autore. Tradotto in decine di lingue, conseguì immediato riconoscimento di pubblico in tutto il mondo, in Europa, America e Asia. Il libro venne scritto in Svizzera, dove lo scrittore era immigrato, tradotto in tedesco e fu poi diffuso clandestinamente in italiano; solo nel 1949 verrà pubblicata, per Mondadori, una prima edizione nella lingua originale. La sua descrizione offre uno spaccato tremendo dell'universo contadino analfabeta dei «cafoni» delle montagne d'Abruzzo al tempo della dittatura fascista. Nonostante il provincialismo delle ambientazioni, più ancora che in Italia, Fontamara fu letto e apprezzato all'estero, dagli Stati Uniti ai paesi del Terzo Mondo, dove diventò il libro simbolo della volontà di riscatto degli “ultimi”. Dal romanzo è stato tratto il film Fontamara di Carlo Lizzani, trasmesso a puntate negli anni ottanta dalla Rai.
Il paese dove i fatti sono ambientati, è quello del suo paese natìo, Pescina: un paesino sottosviluppato, arretrato economicamente e tecnologicamente. Peggio ancora, il microcosmo umano che ci vive è condannato endemicamente all'ingiustizia e alla povertà, scandite dall'immutabile succedersi dei tempi legati all'agricoltura: la semina, l'insolfatura, la mietitura e la vendemmia. Si narra le tristi vicende di contadini poveri e di altre misere persone; la monotona vita di queste persone viene sconvolta dall'arrivo nel paese del cav. Pelino, un impiegato del comune venuto a raccogliere firme per una “petizione” del governo. Ma ben più sconvolgente è la vista da parte dei Fontamaresi di lavori di deviazione del fiume, unica risorsa d'acqua del paese. Le donne allora si recano nella città, dove, dopo essere state vergognosamente derise, riescono a capire che il mandante dell'opera è un certo Impresario, ricchissimo imprenditore fascista nominato anche podestà. Inevitabile è il conflitto tra i Fontamaresi e l'Impresario; una truffa quindi, che porterà via tutta l'acqua al paese. Intanto agli occhi del paese giunge la speranza di una ridistribuzione delle terre, ma anche questa sarà un'illusione per tutti. Qualche tempo dopo a Fontamara si verifica una spaventosa irruzione delle camicie nere, che sparano verso la chiesa, violentano delle donne e, dopo aver fatto delle domande ai Fontamaresi, segnano il loro paese come nemico del regime. Si riapre poi la questione del fiume, che si conclude con la cessione totale della risorsa idrica per un periodo di tempo che dura cinquant'anni, ma che viene detto ai Fontamaresi come cinque lustri, trovando appoggio sulla loro ignoranza. L'assenza di acqua provoca, oltre alla fame, il suicidio di Teofilo, responsabile della chiesa; la partenza a Roma di Berardo Viola, il fontamarese più rivoluzionario, con in mente idee di libertà e di uguaglianza. Ma la sua partenza a Roma non porterà buoni frutti: Berardo non trova lavoro, anzi viene messo in carcere e lì giustiziato, per aver confessato di essere il Solito Sconosciuto, un uomo a cui i Fascisti attribuivano la colpa di tutte le stampe clandestine contro il regime. La vicenda si conclude con la spedizione punitiva dei Fascisti nei confronti di Fontamara, che intanto aveva avviato la produzione di un giornale che elencava tutte le ingiustizie commesse; la morte di personalità di rilievo nel paesino come il generale Baldissera e Scarpone, e la salvezza invece di Matalè, Giovanni e del loro figlio.
Silone scrive in maniera molto leggibile, narrando l'azione in maniera umile, questo perché, come teorizza Dante Alighieri, lo stile deve adattarsi all'argomento, e se si parla del mondo agricolo, allora anche la forma sarà umile. Semplice nella trama e nel linguaggio, il romanzo ha a volte il tono di una fiaba: il libro è una denuncia contro i potenti e le autorità e chiaramente rivolta contro il fascismo e la dura repressione contro i rivoluzionari attuata anche con la pena capitale. Si pone l'aspetto sulla tremenda differenza tra quelli che chiama “cafoni”, ovvero i contadini poveri che popolano sia Fontamara sia tanti paesi simili in tutto il mondo che lavorano la terra non per guadagnare, ma per sopravvivere, che si sforzano di estinguere i debiti contratti per superare l'inverno precedente, che parlano solo dialetto, che sono ricchi se hanno un asino o un mulo; ed i cittadini che cambiano il mondo, lasciando i Fontamaresi spettatori.
Il libro mi è piaciuto? No, per nulla e per niente, questa è una di quelle letture scolastiche imposte, talmente lontane dalla mia personale indole che sono arrivato ad odiarne autore, contenuto e contenitore. E' un libro triste, piatto, lento e noioso che per ogni singola pagina non fa altro che abbruttire e ripetere all'infinito quanto sono ignoranti i “cafoni” protagonisti. Sarò sicuramente prevenuto, probabilmente io stesso “cafone”, ma non c'è niente da fare, questo libro è indissolubilmente marchiato a fuoco nella mia mente come bruttura infinita.
In Fontamara regna sovrana la rassegnazione, e questo mi ha portato, fin dalle prime pagine, a leggere con lo sconforto nella mente. E il ricordo di questa lettura sarà per me, sempre sconfortante.