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Vincitore del premio Pulitzer nel 1960. E io mi chiedo il perchè. Se lascio un momento alle spalle i valori che dovrebbe trasmettere questo libro, ma a questo punto molto meglio leggere altro, trovo una scrittura piatta, noiosa e non all'altezza dei grandi e scottanti temi come il razzismo e il pregiudizio, trattati nel romanzo ambientato negli Stati Uniti degli anni trenta. A meno che non si voglia premiare un valore assoluto come la lotta al razzismo e allora siamo tutti d'accordo.
Il buio oltre la siepe è forse un libro da leggere in età adolescenziale, quando, forse, si è più vicini con la mente e il cuore alle vicissitudini di due ragazzini alle prese con qualcosa di più grande di loro e che non capiscono. Quando il gioco e la vita spensierata, cominciano a scivolare nell'oblio a discapito di un'età adulta dove si ha la responsibilità di quello che si fa e soprattutto di quello che si pensa.
Ma il libro, la storia in sè, è pessima. Noiosa e pessima, non succede alcunchè fino a metà libro, durante il processo ad un povero nero innocente e torna a sprofondare nel limbo fino alla fine, dove rialza la testa un po' troppo tardi e un po' incerto. I personaggi sono poi quasi esilaranti nella loro pateticità e inverosimiglianza:
Atticus sembra una specie di dispensatore portatile, tipo distributore di merendine, di morali e insegnamenti, sembra un supereroe, un paladino del bene, che predica ad ogni pagina, senza macchia; Dill, inserito dalla Lee per rendere omaggio a Truman Capote, non si capisce bene che ruolo abbia nella storia; Scout e Jem che dovrebbero essere bambini, raramente lo sono e il più delle volte parlano e agiscono come adulti, credibilità uguale a zero; gli altri personaggi ammorbano la storia in maniera pestilenziale. Le figure poi dei “negri”, come più volta ribadita, quasi mi offende per come a volte sono stati descritti. Buoni, ma un poco stupidi. Forse il 1960, era ancora razzista, senza saperlo.
Tutto questo per dire che probabilmente avrei dovuto leggere “Il buio oltre la siepe” molti anni fa, quando ero meno smaliziato e i concetti del libro avrebbero potuto entrare e sedimentare senza il setaccio mentale dovuto alla mia età e probabilmente avrebbe avuto una presa maggiore.
Ora critico il libro e la storia, che ho trovato davvero noiosa, e i concetti espressi sono per me così radicati che mi sembrano una ridondanza inutile. Sono cresciuto in una società multi etnica, il nero, il rosso o il giallo o il blu non hanno alcuna differenza ai miei occhi. Negli anni trenta degli Stati Uniti, non era così, ma questo libro me lo ha detto annoiandomi e a questo non c'è rimedio.
Superfluo.