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Average rating3.9
Secondo libro di Murakami che affronto. Questo ben più corposo di “After Dark”, ma i temi sono gli stessi, qui molto più amplificati e sviluppati.
Dico subito che a dispetto di tutti gli altri ho trovato la lettura difficile, non nel senso dispregiativo del termine, ma perché impegnativa, se si vuole affrontarla con una profondità che questo libro secondo me merita. Non possiamo leggere questa storia se non scendendo ad un livello intimo e profondo.
La scelta del voto e la scrittura della recensione è arduo in quanto non è un libro di pronto “consumo” ed interpretazione e dunque non è facile mettere per iscritto le sensazioni provate nel corso della lettura: come si può dare un voto ad un sogno?
Il romanzo di Murakami, può essere riassunto come un lungo viaggio nell'inconscio o come un viaggio nei ricordi, nelle memorie perdute; un viaggio onirico, un sogno lucido, dove si riesce a far vivere la realtà come sogno ed il sogno come realtà. Come tutti i sogni, anche questo a volte si presenta come irrazionale, confuso, nebuloso con la sensazione di essere sempre perduto ogni volta che gira pagina.
La storia del protagonista (ma è davvero lui il protagonista?) Tamura Kafka, quindicenne in fuga da una vita non vissuta per un abbandono e da una profezia e del vecchio Nakata (personaggio commovente ed empatico), dalla memoria cancellata nelle più semplici funzioni e in grado di conversare con i gatti, procedono vicine come due parallele perpendicolari che non si incontrano mai vicine ed indissolubili verso un finale comune.
Ma nei sogni tutti sono protagonisti: Ōshima, la signora Saeki, Hoshino e anche la biblioteca Komura, il bosco impenetrabile, il quadro senza attribuzione temporale; tutti dentro, compreso il lettore stesso, in una bellissima metafora che troviamo nel libro e cioè che la vita è una tempesta di sabbia in cui ci troviamo immersi dalla nascita alla morte e che dobbiamo attraversare senza paura, un vento che lacera la carne come mille rasoi, tinta di rosso del nostro sangue e dal sangue di tutti gli altri da cui usciremo diversi da come siamo entrati, se riusciremo ad uscirne perché in molti si perdono. Forse l'essenza di tutto non è uscirne , ma restare in piedi.
Romanzo impegnativo perchè richiama e cita la psicanalisi di Jung e il procedimento onirico freudiano, Beethoven, passaggi di narrativa giapponese. Ciò che stupisce è la strabiliante fantasia con cui modella figure metaforiche che come in un sogno sono appena al di là della realtà, nel campo dell'inverosimile, delle situazioni irreali e stanno in una dimensione che è a cavallo tra due mondi. Questa è la bravura di questo autore.
Libro di sogni come si è già detto, ma anche libro di memorie: che peso hanno per noi i ricordi di amori falliti, di dolori, di abbandoni? Quanto questi influenzano e condizionano la nostra vita? Siamo tutti alla ricerca delle memorie perdute come Kafka e Nakata?