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La Los Angeles di Ellroy è un mondo talmente complesso e coinvolgente che probabilmente è il miglior sfondo a livello di complessità e di storie che io abbia mai letto. Confermate le mie impressioni anche in questo terzo libro della quadrilogia della Città degli Angeli. Ora non mi resta che il quarto pugno nello stomaco e spero di vedere la fine di un certo poliziotto corrotto di nome Dudley. Uno dei personaggi più belli e costruiti alla perfezione che abbia mai avuto il piacere di leggere. Tutta la storia si svolge in un arco di 5 anni, Ellroy ci impiega 300 pagine per narrare questo lasso di tempo, perchè nel frattempo crea talmente tanti sottointrecci fra i protagonisti, che alla fine ne rimani un po' stordito, che a volte risultano davvero molto complessi e indispongono un po' alla lettura. Si sente pesantemente che si sta leggendo un Ellroy. La grandiosità dell'autore però sta tutta nel finale, dove arrivi stremato e anche un poco spazientito e rimani con la bocca aperta davanti alle pagine. Un lavoro di scrittura perfetta è anche rappresentato dall'inserimento in alcune parti nel libro di finti articoli giornalistici che servono per “fissare” la storia e i punti principali nella mente del lettore. Un lavoro grandioso e immenso anche se a mio avviso un poco sotto rispetto ai primi due episodi, un sacco di carne al fuoco per il, sono sicuro, devastante finale. Stilisticamente, un Ellroy che sembra già portarsi verso uno stile più secco, serrato e freddo con frasi brevi e meno verbi, che saranno lo stile della trilogia della storia Americana, di cui è uscito da poco l'ultimo “Sangue randagio”. Rimani stordito con i libri di Ellroy... una miriade di personaggi, intrecci, sottointrecci, protagonisti talmente ambivalenti tra bene e male che non sai se devi amarli od odiarli. Autori di questo calibro ce ne sono molto pochi e ti fanno capire realmente l'amore per la lettura.