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Vivere nelle aspettative degli altri
Lo Squalificato è una storia che mi ha lasciato confuso, ma scoprire che la vita dell'autore è simile agli eventi narrati in questo libro mi ha fatto riflettere. Una delle premesse iniziali di questa storia decadente, è che il protagonista fittizio, Yōzō, non sa come comportarsi da umano. Non capisce la società, i ruoli, gli usi, i costumi e soprattutto le persone. Mi ha ricordato effettivamente una persona affetta da autismo, ma il suo modo di adattarsi ad esso secondo me, anche personalmente, è comprensibile non solo da persone che soffrono di questo disturbo, ma da tutti.
Nella prima delle tre sezioni che racconta della sua vita, al fine di compiacere tutti coloro che lo circondavano e ripagare le loro aspettative, nella paura di essere altrimenti abbandonato e lasciato solo, egli era un pagliaccio, costantemente pronto a scherzare e fare il buffone. Una maschera però che lottava con il suo Io interiore, disorientato e confuso. Vivendo così dietro questa grande menzogna elaborata, e nel frattempo con il terrore di essere scoperto.
L'inizio della decadenza inizia nel secondo episodio della sua vita, dove libero dalle gabbie familiari, inizia a condurre una vita da solo a Tokyo, dove per la prima volta si adatta a vivere in maniera autonoma, inizia ad aver coscienza di sé, ma anche allora quando non aveva parenti, trova la volontà di qualcuno da compiacere. Sarà in maniera costante e continua, che la sua lotta interiore e il suo malessere psicologico lo porteranno a desiderare l'attenebramento dei sensi. Alcol, donne e dissolutezze.
La storia prosegue ma una caratteristica fondamentale, ormai radicata in lui, è quella lasciarsi trasportare dai vizi, dalle volontà altrui e dalla codardia. Aggiungendo il suo interiore malessere e la depressione, egli continua a cercare il suicidio da una vita che troverà intollerabile, a causa anche dei traumi che subirà.
È una storia molto forte, a tratti deprimente e a tratti molto ingiusta. Non riesco a trarne un valore pratico, ma secondo me, nelle considerazioni puramente personali che ho colto, trovo che l'incomprensione che ha “subito” Dazai per tutta la vita gli è costata la vita, e si può vedere questa storia come è un monito per empatizzare e comprendere le persone come lui.