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Leggendo questo memoir mi è venuta voglia di prendere e partire per le Orcadi, di fermarmi per qualche settimana su una di quelle isole disabitate che Amy descrive così bene. Il paesaggio non è relegato a sfondo della narrazione ma si insinua dolcemente tra le parole che la scrittrice usa per raccontarsi. La geografia delle Orcadi diventa parte della geologia del suo corpo; le sue emozioni sono onde, vento e tramonti. Amy è in simbiosi con le isole: dalla terra e dal mare ricava l'energia necessaria per restare sobria dopo un periodo di dipendenza dall'alcol. È commovente l'affezione verso questi luoghi dalla bellezza quasi incontaminata, la gratitudine per il loro potere calmante e salvifico. Avrei voglia di sperimentare le stesse sensazioni, di stare con il naso all'insù per odorare l'aria di tempesta, di vedere ogni roccia e pezzo di cielo menzionati nel testo.
Non ho dubbi che le Orcadi saranno meta di un prossimo viaggio non appena si tornerà a girare con più libertà; nel frattempo continuo a sognare attraverso i libri.