Lei è una giovane gitana che nella notte del suo fidanzamento scappa dalla famiglia per sottrarsi al matrimonio combinato con un uomo anziano, lui è un orologiaio che stava campeggiando sul confine e la accoglie nella tenda. Inizia così un incontro che finirà per modificare i destini di entrambi, uno scarto nel gioco, un bastoncino che si muove. Un “e invece”, “dev’essere così per ogni storia: la continua interferenza dell’invece”. Una interferenza, la loro, fatta di tante parole dette, dialoghi notturni sugli uomini e sulla vita, uno scambio di saperi e di visioni – lei che crede al destino, ai segni, al dio delle cose, che addestrava un orso e lo amava come il migliore degli amici; lui che si sente un ingranaggio dentro la macchina del mondo e che quel mondo interpreta con le regole dello Shangai, come se giocare fosse un modo per sciogliere il caos. Erri De Luca scrive un libro denso e lieve, dove ogni parola socchiude significati più profondi, ogni frase è una porta di accesso prima di tutto a sé stessi, e nel farlo ci invita a un gioco calmo, paziente e lucido, dove a ogni mossa ciascun elemento può rovesciarsi e cambiare senso all’insieme.
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