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Bàrnabo delle montagne è il primo romanzo dello scrittore italiano Dino Buzzati, pubblicato nel 1933. Da questo libro è stato tratto l'omonimo film del 1994 diretto da Mario Brenta, girato in alta quota nelle Dolomiti di Sesto e in prossimità delle foci del Po, presentato poi in concorso al 47º Festival di Cannes.
Questa è la storia di Bàrnabo, giovane guardaboschi, ed è una storia montana, dolomitica, che racconta di guardaboschi, di briganti, di un delitto e di una vita che trascorre nell'attesa di compiere un gesto memorabile e definitivo, capace di riscattare un errore di gioventù. Lui e i compagni devono sorvegliare tutto il territorio e specialmente la Polveriera in cui sono custoditi gli esplosivi per il decaduto progetto d'apertura di una strada tra fondovalle e monti. Ma una notte un tragico evento segnerà la vita di Bàrnabo che cercherà per sempre una speranza di riabilitazione, un desiderio di riscatto con un gesto emblematico, che però non riuscirà a compiere.
Questo breve romanzo racchiude in sé molte tematiche che verranno poi approfondite nella struggente storia di Giovanni Drogo, nel capolavoro di Buzzati che è “Il deserto dei Tartari”, una storia meno fantasiosa ma più credibile, dove prende forma quella tematica dell'attesa che poi esploderà nel libro sopracitato. La natura, qui in Bàrnabo più che nel deserto, è una splendida protagonista con le aspre montagne e le sue immense crode spesso tetre e minacciose battute dalla pioggia e dal vento e i misteriosi boschi pieni di vita. Un alternarsi di suoni e silenzio fanno di questo racconto una storia molto suggestiva, come sono le montagne nella realtà.
Lo stile del romanzo è semplice e scritto con frasi corte, con uno stile acerbo rispetto alle opere successive; il ritmo della narrazione è volutamente lento, scandito dalle ore di cammino lungo sentieri impervi, esasperato dal silenzio delle cime innevate o avvolte dalla nebbia o ancora scandite dallo scrosciare della pioggia. E' una storia che ruota attorno al senso di colpa, al rimorso e alla vergogna. E su tutto l'attesa del riscatto, lo scorrere inesorabile del tempo e la solitudine del protagonista, temi cari a Buzzati.
Devo dire che tra i libri che ho letto fino ad ora di Buzzati, probabilmente questo è quello che mi è piaciuto meno, ho apprezzato i temi a me cari come quello della natura dei monti che regnano incontrastati e lo scandire lento del tempo con la solitudine del protagonista e la sua voglia di riscatto che rimarrà sospesa; ma di contro ho trovato la scrittura troppo primitiva e spesso i dialoghi troppo lenti, sottili così come le figure protagoniste del libro, Bàrnabo a parte.
Direi che consiglierei questo libro a chi ama profondamente i luoghi impervi delle montagne con le sue storie e ai lettori accaniti di Buzzati, per chi si accosta invece all'autore per la prima volta consiglierei le raccolte dei racconti, dove regna incontrastata la fantasia dell'autore e poi servirsi della portata principale del “Deserto dei Tartari”, dove lo scrittore darà il meglio di sé.