All’inizio di questo breve romanzo, ci troviamo in una carrozza della linea ferroviaria Transiberiana, già lontana da Mosca, a metà dell’Asia. Lungo il corridoio, una folla di passeggeri di terza classe, carica di bagagli, da cui emerge un’orda di giovani in divisa mimetica rannicchiati insieme nel fumo di sigarette, che il sergente Letchov conduce verso le loro baracche assegnate in Siberia. Tra loro, Aliocha, alto e massiccio, vent’anni ma ancora vergine, assiste, inerme, al primo atto di nonnismo, rituale inevitabile di questi trasporti di leva. Preferisce isolarsi, lui che non ha saputo trovare un modo per sottrarsi al servizio militare, che non si aspetta nulla di buono da questa vita e sente la minaccia di questa destinazione così distante. Così, approfitta di una fermata per confondersi tra la folla e scomparire. Ma il primo tentativo fallisce. Non appena viene individuato, torna sul treno. La sua aria sospetta deve averlo tradito. Un’occasione mancata, dunque, ma sul marciapiede Aliocha ha incontrato una giovane occidentale che presto sarà commossa dal suo destino: Hélène, una francese di trentacinque anni, salita alla stazione di Krasnoyarsk. Ha appena lasciato il suo amante Anton, un russo conosciuto a Parigi e recentemente tornato nel Paese per gestire una diga gigantesca. Nonostante le barriere linguistiche, Aliocha e Hélène si capiranno a mezze parole. Per una notte intera, condivideranno segretamente lo stesso scompartimento, sopporteranno le incomprensioni di questa promiscuità forzata e sventeranno la caccia al disertore che imperversa da un capo all’altro del treno. Una storia fragile e abbagliante in un linguaggio sensuale e focoso.
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