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A grand hotel in the center of 1920s Berlin serves as a microcosm of the modern world in Vicki Baum's celebrated novel, a Weimar-era bestseller that retains all its verve and luster today. Among the guests of the hotel is Dr. Otternschlag, a World War I veteran whose face has been sliced in half by a shell. Day after day he emerges to read the paper in the lobby, discreetly inquiring at the desk if the letter he's been awaiting for years has arrived. Then there is Grusinskaya, a great ballerina now fighting a losing battle not so much against age as against her fear of it, and Gaigern, a sleek professional thief, who may or may not be made for each other. Herr Preysing also checks in, the director of a family firm that isn't as flourishing as it appears, who would never imagine that Kringelein, his underling, a timorous petty clerk he's bullied for years, has also come to Berlin, determined to live at last now that he's received a medical death sentence. All these characters and more, with their secret fears and hopes, come together and come alive in the pages of Baum's delicious and disturbing masterpiece
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Credo che in ognuno di noi sia presente un (sano) lato voyeristico. Studiare psicologia ha, forse, esacerbato questa mia piccola mania, ma la verità è che ho sempre trovato divertente, interessante e istruttivo osservare le persone: vedere come si comportano, ascoltare ciò che dicono, provare ad indovinare i pensieri che si agitano dietro gli occhi di ognuno. Mi rivedo seduta in un vagone della metro o ferma ad una pensilina dell'autobus mentre mi domando: “Chissà dove sta andando?”, “Con chi starà parlando al telefono?”, “Perché ha un'espressione così triste? Cosa gli sarà successo?”.
Grand Hotel di Vicki Baum stuzzica proprio questo lato qui.
Immaginate di rimanere seduti nella hall per qualche giorno e non far altro che guardare il via vai di gente che entra ed esce dall'albergo; all'inizio non sapete niente di nessuno, ma dopo un po' riconoscete le facce, le associate ad un nome sentito per caso, imparate orari e abitudini dei soggetti più curiosi, notate con chi trascorrono la maggior parte del tempo o con chi intrecciano nuove relazioni e, soprattutto, iniziate a fare ipotesi su ipotesi.
Vi dirò di più: questi pensieri dicono di noi molto più di quanto effettivamente ci informino sull'Altro e un'autoanalisi su ciò che affolla il nostro cervello in momenti del genere è in assoluto la parte più interessante di tutto il processo (l'ho già detto che studiare psicologia mi ha definitivamente traviato?).
Sarà anche vero, dunque, che da un albergo si esce soli così come si è entrati - stando alla frase del libro che ho riportato all'inizio; tuttavia, quando si fa fatica ad incontrare “un Tu che si lasci cogliere o trattenere”, si può sempre provare con il proprio Io.
Wow, I did not see this book coming. It was our July book club selection, and while I was perfectly happy to read it I didn't have very high expectations. I figured it would be slice-of-life, heavy on descriptions and short on action, and the start of the book bore this out. However, things take an unexpected turn and the pace really picks up. Then it picks up even more, and keeps on going. I have to dock it half a star because there were still lots of overly-long descriptions, whole pages-worth of descriptions, that I had to skim/skip to keep in the flow. Otherwise a damn fine book.