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Dodici anni fa è stato imprigionato a Guantánamo per un crimine che non ha mai commesso. È ancora là. Questa è la sua storia straordinaria.
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“12 anni a Guantánamo: Incarcerato, torturato, innocente”, in originale “Guantánamo Diary” è un romanzo/diario di prigionia di Mohamedou Ould Slahi, edito nel 2015. Slahi ha scritto questo libro di memorie mentre era ancora imprigionato, nel 2005, e noi lo possiamo leggere perché il governo degli Stati Uniti ha recentemente declassificato molto materiale al riguardo ma facendo numerose redazioni e cancellature (parte del libro presenta linee nere su frasi, nomi e paragrafi interi). Le quattrocentosessantasei pagine sono state scritte in inglese, una lingua che Slahi ha imparato a Guantánamo.
Il libro ha provocato molte reazioni ed è diventato un bestseller internazionale. Quando sono trapelate queste pagine l'autore si trovava ancora in stato di detenzione e infatti il libro si chiude con ancora il protagonista rinchiuso a Guantánamo.
Il libro fornisce i dettagli degli interrogatori subiti dal protagonista: è stato vittima del trattamento speciale riservato ai presunti terroristi e voluto da Donald Rumsfeld negli anni della presidenza Bush; torture sia psicologiche che fisiche, tra cui l'alimentazione forzata anche con acqua di mare, molestie sessuali da parte dei suoi inquisitori donne, sottoposto a una finta esecuzione e ripetutamente picchiato, preso a calci in faccia, privato del sono e costretto a stare in posizioni scomode per giorni interi, segregazioni in celle a bassissima temperatura, privato di tutto, dall'igiene personale, alla preghiera, dal possedere alcunché, alla preghiera... il tutto senza mai essere accusato formalmente di nulla.
La vicenda giudiziaria di Slahi inizia nel 2000 quando, dopo aver trascorso oltre un decennio lavorando come ingegnere in Germania e in Canada, Slahi torna in Mauritania. Qui viene arrestato due volte, sotto richiesta degli Usa, e viene interrogato per il suo presunto coinvolgimento nel Millenium Plot, una serie di attentati progettati da Al Qaeda per l'inizio del nuovo millennio. Slahi viene rilasciato una prima volta, per essere poi nuovamente fermato nel settembre 2001 in Mauritania e interrogato dall'Fbi in patria. Viene nuovamente rilasciato, ma a novembre la polizia mauritana lo preleva ancora una volta per un nuovo interrogatorio: Slahi questa volta finisce su un volo segreto della Cia che lo porta in Giordania, dove sarà interrogato per sette mesi. Slahi è vittima di un'extraordinary rendition e nemmeno la famiglia ha più idea di dove si trovi. Non tornerà più a casa. Dalla Giordania, un altro volo segreto della Cia lo porta questa volta in Afghanistan, nella base Usa di Bagram. Siamo a luglio 2002 e i fatti narrati nel diario di Slahi hanno inizio qui, mentre la scrittura del testo ha inizio nel 2005. Ad agosto 2002, Slahi è trasportato in aereo a Guantanamo, a Cuba, da dove non uscirà più. In questi 14 anni a Slahi non sono state formalizzate accuse di alcun tipo: la sua vita è stata rapita e portata al di fuori di ogni legge e buttata nel limbo della lotta al terrorismo dell'America di Bush e Obama, dove i diritti umani possono essere sospesi sulla base di nessuna prova. Il coinvolgimento di Slahi nei fatti che lo hanno visto protagonista involontario sono legati alla sua effettiva affiliazione con i mujaheddin – elemento che Slahi non ha mai negato – nei primi anni '90 quando Slahi andò in Afghanistan per unirsi alla guerra contro l'Unione sovietica e ricevere addestramento in un campo di Al Qaeda. Le ultime attività di Slahi e il gruppo risalgono però al 1992, periodo in cui Al Qaeda era considerata ancora un alleato dagli Usa nella lotta anti-Urss. Da quel momento, i legami di Slahi con Al Qaeda si interrompono completamente fatto salvo contatti personali con ex-compagni di militanza. Nel frattempo Slahi è in carcere a Cuba da sei anni e solo nel 2008, quando la Corte Suprema degli Usa stabilisce che i detenuti di Guantanamo possono ricorrere contro la loro detenzione, il suo caso viene riaperto per una revisione. Nel marzo 2010 una corte federale ordina la scarcerazione di Slahi per mancanza di prove, per l'effettiva non affiliazione con Al Qaeda al momento dell'arresto e perché alcune confessioni di Slahi erano state ottenuto con la tortura. L'amministrazione Obama ha ricorso in appello contro la decisione. La svolta nella situazione di Slahi è avvenuta la scorsa estate, quando la Periodic Review Board, che ripercorre i casi dei singoli detenuti, ha ribadito come Slahi non rappresentasse alcuna minaccia per gli Usa e andasse di conseguenza liberato.
Sappiamo ora che il 14 luglio del 2016 a Slahi è stato approvato il rilascio dalla detenzione e che il 17 ottobre è stato liberato e ha avuto permesso di tornare a casa in Mauritania. In totale quest'uomo è stato rinchiuso, e torturato, senza accusa per quasi 14 anni.
La storia del diario è a sua volta incredibile: man mano che Slahi aggiungeva pagine alle sue memorie, queste venivano ritirate e poste sotto segreto: i legali e la famiglia di Slahi ha cercato per anni, senza successo, di ottenere il manoscritto di 466 pagne. Aclu, dopo un'estenuante battaglia legale a colpi di Freedom of Information Act, è riuscita a ottenere la desecretazione del testo, consegnato comunque pesantemente censurato. Il livello di cancellazione è tale che intere pagine del testo sono totalmente oscurate.
Credo che questo racconto scritto in prima persona sia un'opera irrinunciabile per comprendere la guerra al terrore di questi anni e i suoi abusi: pochi altri testi hanno una portata documentaristica e storica tale e possono offrire testimonianze dirette su alcune delle pagine più nere della storia recente degli Stati Uniti.
La lettura è complicata, difficile (per le molte note a corredo del testo che cercano di focalizzare gli avvenimenti storici a corredo), disturbante e ci vuole parecchio coraggio a leggere di uomini che applicano metodicamente e scientificamente la tortura verso altri uomini. Quello che ne emerge è la resistenza psicologia, più che fisica, di questo innocente che si è ritrovato rinchiuso e seviziato per quattordici anni della sua vita, senza praticamente nessun contatto umano se non quello dei suoi inquisitori e delle guardie che lo detenevano.
Due cose su tutte mi hanno profondamente colpito di questo libro: la prima è la grandissima e incrollabile umanità di questa persona e la sue fede che va al di là di qualsiasi punizione fisica e morale nonostante si sia ritrovato in balia e alla completa mercé dei suoi simili e la seconda è come la più grande potenza democratica al mondo possa aver concepito una simile barbarie come Guantánamo.
Una testimonianza che va al di là di qualsiasi parola.