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La paura e altri racconti della Grande Guerra è un libro di racconti di Federico De Roberto che è stato uno scrittore italiano del novecento, famoso soprattutto per la sua opera “I Vicerè”; questa particolare edizione è stata data alle stampe per l'avvicinarsi al centenario dello scoppio della prima guerra mondiale.
Quattro i racconti di guerra proposti, scelti tra quanti, fra il 1919 e il 1923, lo scrittore affidò a giornali e riviste: “La paura”, “Rifugio”, “La retata” e “Ultimo voto”. Il primo è il più corposo e famoso, gli altri sono stati scelti a mio parere per presentare in forma diversa tutti gli aspetti dell'eroismo e della crudeltà di quella che fu la prima guerra mondiale, che provocò nove milioni di vittime tra i soldati e sette tra i civili.
La paura è una storia semplicissima e una devastante accusa contro la guerra: un gruppo di soldati italiani provenienti da varie regioni è bloccato in una trincea sotto il tiro micidiale di un cecchino austriaco che impedisce loro di uscire allo scoperto. L'ufficiale al comando non può però lasciare sguarnita un posto di vedetta e deve mandare fuori uno alla volta i suoi uomini per raggiungerla. Moriranno così insensatamente uno ad uno. Nel Rifugio la storia di un disertore e della sua fucilazione viene raccontata da un ufficiale che casualmente viene ospitato e rifocillato dai genitori del soldato fucilato. La retata è invece una divertente parodia delle agiografie belliche. Un soldato racconta in romanesco di come, caduto nelle mani del nemico, riuscì a sua volta a catturare un intero plotone austriaco inventando decine di manicaretti che avrebbero costituito, secondo lui, il “rancio” delle truppe italiane. Gli austriaci, si fanno sedurre dal racconto dell'italiano, fino a decidere di disertare. Nell'Ultimo voto il capitano Tancredi ha per missione di informare una bella ma completamente insensibile contessa del decesso del suo eroico marito. Dopo solo poche settimane apprenderà con amarezza del matrimonio tra lei e un imboscato incontrato in licenza a Roma che lo accompagnerà a dare la triste notizia.
Lo stile dei racconti è molto altisonante, tipico di quei tempi, curiosa l'alternanza tra l'italiano e una miriade di dialetti, che segna una linea di demarcazione tra il linguaggio degli ufficiali e quello dei subalterni; per tutti i quattro racconti traspare il pensiero dell'autore che denuncia le menzogne e le ipocrisie della guerra, ma non manca mai il rispetto per chi ha fatto il proprio dovere.
Ho letto svariati libri su questo conflitto, molti saggi e qualche romanzo di notevole caratura, nella lettura dunque di questi racconti, quasi nulla mi era nuovo, e se devo dire la verità non mi ha entusiasmato moltissimo, ci sono letture sicuramente migliori e dei quattro racconti mi è piaciuto di più l'ultimo che non il primo che dovrebbe essere la colonna portante dell'intero libro; se, visto l'approssimarsi del centenario dello scoppio della prima guerra mondiale, volete cominciare a leggere sull'argomento, non posso che consigliarvi l'ottimo “Niente di nuovo sul fronte occidentale” (per citarne il più conosciuto) e poi indirizzarvi verso quelle piccole case editrici che riempiono gli scaffali delle librerie montane, dove potete trovare delle autentiche perle.