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Siamo arrivati al numero venti di questa bellissima iniziativa del Corriere della Sera, che porta un secolo di poesia nelle nostre case con le grandi voci del Novecento in una collezione di antologie inedite, con ricchi apparati e nuove introduzioni. Un appassionato racconto del mondo attraverso i versi dei più grandi poeti italiani e stranieri.
Questo numero è dedicato a Giuseppe Ungaretti che è stato un poeta e scrittore italiano. La poesia di Ungaretti creò un certo disorientamento all'inizio. A fare la fortuna di questo poeta furono i sostenitori dell'ermetismo, che,riconobbero in lui il loro maestro e precursore. Da allora la poesia ungarettiana ha conosciuto una fortuna ininterrotta. A lui, assieme a Umberto Saba e Eugenio Montale, hanno guardato, come un imprescindibile punto di partenza, molti poeti del secondo Novecento.
Personalmente, come in verità mi capita spesso, amo le prime opere dei poeti che leggo, quando ancora l'ardore giovanile ha il sopravvento sulla forma e lo stile; di Ungaretti poi c'è da rimanere affascinati dalla sua vita, combatté volontario durante la Grande Guerra, visse gli orrori delle trincee, sul Carso, dove le notti non finivano mai e il giorno versava nuovi orrori sui nostri soldati. Visse per il mondo, perse un figlio e da qui i suoi versi toccarono le note più dolorose.
Ed ecco che le poesie che più mi sono piaciute sono proprio quelle scritte in guerra: “Silenzio”, “Fratelli”, “Sono una creatura”, “San Martino del Carso”, e la più bella in assoluto “Soldati”:
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
Questi versi incarnano lo spirito triste che metaforizza la condizione umana alle foglie d'autunno sugli alberi, che possono essere spazzate via come niente dal primo refolo di vento freddo.
Uno dei maestri del novecento italiano.