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L'ultimo giorno di un condannato, in originale “Le Dernier Jour d'un condamné a morte” è un romanzo scritto da Victor Hugo nel 1829. Sono narrati, in prima persona, gli ultimi giorni di vita di un prigioniero del carcere di Bicêtre, destinato al patibolo.
La trama del romanzo ripercorre le ultime sei settimane di vita del protagonista condannato alla ghigliottina. L'uomo che è accusato di omicidio, trascorre gli ultimi giorni della sua esistenza in un turbinio di emozioni, riflessioni e ricordi, legati a sua moglie, alla sua giovane bambina che non ha più visto e più rivedrà e alla sua vecchia madre. Di lui non si sa quasi nulla: il nome, l'età, l'aspetto, la condizione sociale, il lavoro che svolgeva prima di entrare in carcere. Niente. Non sappiamo nemmeno se la sua condanna è giusta oppure no, se veramente ha commesso l'omicidio di cui è accusato oppure no.
Ho trovato da subito interessante anche il prologo dell'edizione originale: un dialogo in un salotto della Parigi per bene tra persone che commentano e criticano fortemente sia lo stile che il contenuto del romanzo. Uno specchio fedele delle idee e della società dell'epoca. Sicuramente è un libro molto commovente, che fa rammentare le agonie di un prigioniero, torturato dal solo pensiero di attendere per sei settimane la morte.
Hugo scrive un documento contrario alla pena capitale portando come tesi l'angoscia, la paura e l'impotenza del condannato stesso, rendendo in tal modo il lettore partecipe della tortura dell'attesa. Non voglio stare qui a scrivere ciò che penso dell'argomento, credo solo sia giusto prima di farsi un'idea in merito leggerne il più possibile e certamente questo breve romanzo è un punto di partenza molto valido.
Sinceramente il libro mi è piaciuto e lo consiglio a tutti.
“Tutto è prigione attorno a me; ritrovo la prigione sotto tutte le forme, sotto forma umana come sotto forma di cancello o di catenaccio. Questo muro, è prigione di pietra; questa porta, è prigione di legno; questi secondini, sono prigione in carne e ossa. La prigione è una specie di essere orribile, completo, indivisibile, metà casa, metà uomo. Sono in sua balia: mi cova, mi avviluppa con tutte le sue pieghe. Mi racchiude nelle sue pareti di granito, mi chiude a chiave con le sue serrature di ferro, e mi sorveglia con i suoi occhi da carceriere. Ah! Miserabile! Che cosa sarà di me? Che cosa mi faranno?”