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Solitamente sono molto ordinato nelle mie recensioni, cerco di tenere il più possibile uno schema uguale: una piccola descrizione introduttiva, la trama, qualche aneddoto, le mie considerazioni su quanto ho letto e in ultimo a chi penso possa piacere questo libro. Ora questo libro mi ha talmente destabilizzato, che il mio schema solito di recensione non solo non ha molto senso, ma mi viene proprio impossibile da seguire.
Parto dalla domanda di fondo... a chi può piacere questo libro? A nessuno è la risposta. A nessuno e ripeto nessuno. La morte di una bambina di tre anni per malattia (cancro) è una cosa talmente innaturale da risultare disturbante il solo pensiero; leggerne la cronaca puntigliosa dai primi sintomi fino all'irrimediabile fine, è devastante, straziante, lacerante e atroce.
Ho avuto tanto tempo questo libro tra le mani e lottavo con l'indecisione di iniziarlo e ammetto di non averne mai avuto il coraggio, soprattutto quando mia figlia era nella stessa fascia d'età della piccola Pauline, poi le cose avvengono quando meno te lo aspetti e senza una ragione precisa l'ho iniziato, senza pensarci più che tanto; l'unica cosa che mi sento di dire è che questo libro è un vomere che ti solca in due il petto e porta alla luce le paure più nascoste di un genitore. La paura più devastante, quella di seppellire il proprio figlio e non viceversa.
Mi pento di averlo letto? No, assolutamente, e infatti gli lascio cinque stelline, ma è una lettura a cui bisogna essere pronti e io non so quanto si possa essere pronti a queste pagine, oltretutto scritte in maniera eccelsa, che scavano, scavano, fino ai posti più bui dentro di noi, dove stanno le paure più terrificanti.