Hockenheimring, GP di Germania 1997. Per la prima volta mi trovo in testa. Difendo con tutta la tenacia che ho la mia posizione, ma al 39o giro mi esplode una gomma e la vittoria, che sentivo già mia, sfuma. A fine gara, Schumacher accosta la sua Ferrari e mi fa cenno di salire per portarmi in parata e dirmi, a modo suo, che sì, meritavo di vincere. Ecco, la Formula 1 per me è questo: oltre il gesto tecnico, c'è quel saliscendi di emozioni che ti proietta in cima al mondo a 300 chilometri all'ora per poi ributtarti a terra, c'è la disperazione di Mansell che spinge la sua monoposto e sviene a pochi metri dal traguardo, c'è la lite ai box per uno sgarro in pista e l'amicizia quando meno te l'aspetti. È alla mia idea di competizione, epica e umana insieme, che ho voluto dedicare questo libro: non è la strategia a fare la corsa perfetta, ma il sorpasso che toglie il fiato (favoloso Häkkinen a Spa nel 2000), l'impresa impossibile, le rivalità più accese, che sono poi quelle tra compagni di scuderia, come sanno bene Alonso e Hamilton. Ho ripensato ai grandi piloti che hanno segnato un'epoca, come Senna e Michael, tanto geniali in pista quanto sfaccettati fuori, ai retroscena del Circus, soprattutto durante la regia visionaria di Ecclestone, e agli ingegneri che tutto sanno calcolare meno la passione di noi che scendiamo in pista. Perché si dice che il profumo dell'asfalto, una volta che l'hai sentito, sia come una droga: non puoi più farne a meno e torna la scarica di adrenalina ogni volta che si spegne l'ultimo semaforo.
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