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Ho letto questo libro attratto da una breve recensione letta sul web. Il ragazzo che recensiva scriveva: “Lo leggo e lo rileggo perché non mi capacito di quanto sia assurda questa storia”.
Sarà stata la lettura recente di alcuni capolavori di Emmanuel Carrére, o del grande Truman Capote e il suo indimenticabile “A sangue freddo”... ma questo libro non mi ha convinto del tutto.
In effetti si parla di un fatto di cronaca nera veramente avvenuto, si parte subito annunciando che il protagonista del libro morirà (non potrebbe essere altrimenti, visto il titolo del libro), ma per il resto non ho visto niente di sconcertante. Tolti alcuni passi particolarmente crudi che riguardano l'autopsia, il sentimento che più mi ha preso durante l'esperienza di lettura è stata la tristezza.
La tristezza per il fatto che il protagonista fosse un uomo condannato a morte, un deadman walking a tutti gli effetti, e tutti gli abitanti del borgo in cui è ambientata la storia sono a conoscenza di questa tragedia incombente, ma fanno poco o niente per impedirla. La tristezza per il fatto che fosse normale uccidere un uomo per un delitto d'onore, quando sono cresciuto con la convinzione che non ci sia niente di onorevole nell'uccidere qualcuno.
Si arriva alla fine del libro come più o meno si fa lo stesso tragitto la mattina quando si va al lavoro... automaticamente e da automi.
Di certo salvo e conservo con me il modo di scrivere di Marquez, per questo leggerò più avanti qualcosa dell'autore. Ho amato il modo in cui descriveva le sensazioni dei personaggi utilizzando un linguaggio onirico e il suo modo di vedere le questioni sociali del Sudamerica con un passo avanti enorme.