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Ho letto “Dio di illusioni” e ne sono rimasto folgorato, mi piaceva il titolo e ho cominciato a leggerlo senza sapere che l'autrice aveva vinto il Pulitzer nel 2014 con questo libro che ho appena finito; ho amato la scrittura della Tartt da subito e così anche il suo modo di raccontare storie e devo dire che sebbene i fulmini non cadano mai nello stesso posto, questa è come si suol dire l'eccezione che conferma la regola.
Il cardellino è una storia in flashback, scritto e narrato dal protagonista che ormai adulto, racconta la sua vita a partire dall'episodio tragico che ha sconvolto la sua infanzia e poi ha governato in maniera autodistruttiva la sua adolescenza e parte della sua vita adulta.
Per Il cardellino, Donna Tartt si è ispirata al piccolo quadro omonimo datato 1654 e firmato Carel Fabritius, che farà da sfondo a tutto il libro: da quando Theo per un tragico destino perde la madre in un attentato terroristico al Metropolitan Museum (ma che lo porteranno a conosce altre figure centrali nella sua vita) e deciderà di portarlo con sé dopo l'esplosione, a come lo porterà con sè dapprima in una ricca famiglia di New York di un compagno di scuola e suo amico, poi a Las Vegas dove lo porta il padre, alcolizzato e giocatore d'azzardo che aveva lasciato Theo e sua madre da qualche tempo e poi ancora a New York e infine in Europa dove segnerà la sua fine e la sua rinascita.
Questo è sicuramente un romanzo di formazione: la storia del protagonista che all'inizio è solo, la madre è morta, i nonni non lo vogliono, il padre è sparito per poi tornare solo per i soldi e l'incontro con Boris: un ragazzo dell'est, con un padre peggiore del suo che lo picchia e lo trascina per il mondo senza una fissa dimora, rocambolesco, furbo e scaltro che inizierà Theo alla droga e all'alcol, ma che è anche l'unico con cui ha una relazione vera e profonda. E poi Pippa, la ragazzina dai capelli rossi, ferita e superstite anche lei di quell'atto terroristico e Hobie che con il suo negozio di antiquariato rappresenta la pace e la salvezza che diventerà un punto cardine per la storia e per Theo, che lo formerà appunto per arrivare al momento della crescita finale.
L'autrice ci dice che il nostro cuore, da dove arrivano le nostre decisioni istintive non si sceglie, non possiamo essere noi a desiderare ciò che è bene per noi o per gli altri con le nostre scelte, non siamo noi a determinare il tipo di persone che siamo, possiamo di certo ignorarlo se ci conduce verso il fuoco e la distruzione, ma siamo certi che in fondo sia una scelta giusta? E se dal male nascerà comunque un bene che adesso non scorgiamo? E se la migliore partita che abbiamo mai fatto sia stata proprio quella in cui abbiamo perso?
Il cardellino è un romanzo lungo, molto lungo, ma non troppo alla fine per tutte le cose che contiene e devo dire che questo romanzo mi è piaciuto davvero molto... per la storia in se stessa, per i personaggi, per quello che il libro ci dice anche se quello che sovrasta tutto molto spesso è lo smarrimento e la confusione, la solitudine e il dolore, e se dovessi trovare un appunto da fare sarebbe solo ai tre quarti del libro dove alcuni accadimenti sono un po' troppo esagerati e credibili e stonano n po' dal contesto generale.
Comunque, quanti di noi, come nel quadro, sono cardellini fragili e indifesi, che nascono liberi e poi ci troviamo incatenati a un trespolo? Ma è quello sguardo così fiero come nel dipinto che ci contraddistingue, che ci porta ad essere probabilmente salvati dal tempo, ad essere amati e che ci porta comunque a guardare lontano.